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L'Eremo di Santa Caterina del Sasso Una meta di straordinario interesse per un itinerario che abbina le bellezze artistiche a quelle del territorio. L'Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro sorge sulla riva lombarda del Lago Maggiore, all'altezza del comune di Leggiuno, tra Ispra e Laveno. La costruzione, che sovrasta di qualche decina di metri l'acqua del lago, si aggrappa all'alta parete rocciosa che nel medioevo venne denominata "Sasso Ballaro". Il complesso, vero e proprio gioiello del patrimonio artistico e naturalistico del lago Maggiore, offre al visitatore una panoramica incantevole della parte meridionale del lago sui cui si specchiano le montagne più vicine del Mottarone e del monte Zeda e la più distante catena montuosa dei Rosa. Altrettanto affascinate è lo spettacolo che si offre a chi navighi sul lago nei pressi dell'Eremo, soprattutto in particolari momenti della giornata quali l'alba ed il tramonto, in cui le luci del cielo si fondono con i colori del complesso e della natura che lo circonda. Il santuario è raggiungibile scendendo la scalinata che parte dal piccolo piazzale sovrastante, detto "del Quicc", dove un tempo sorgevano le cascine del convento o arrivando dal lago, tramite battello. La storia La storia dell’Eremo di S. Caterina del Sasso ha inizio nel 1170, allorquando Alberto dei Besozzi di Arolo dopo essere scampato a un naufragio presso il Sasso Ballaro decide di ritirarsi a vita solitaria nel rispetto del voto fatto a Santa Caterina, nella situazione di pericolo estremo in cui era venuto a trovarsi. Il 1195 segna l’arrivo della peste sulla sponda Lombarda del Lago Maggiore e l’eremita ai fedeli suoi compaesani che si rivolgevano a lui per richiedere la grazia chiede in cambio la costruzione di un sacello dedicato a Santa Caterina. Nel 1205 muore il fondatore che viene sepolto vicino alla cappella di S. Caterina. Nel 1250 i padri domenicani si insediarono al Sasso Ballaro. Nel 1270 viene poi costruita la cappella di S. Maria Nova per volontà
dei nobili di Ispra come ringraziamento per essere stati liberati dai
lupi. Nel 1334 nell’Eremo viene adottata la regola di S. Agostino. Nel 1379 l’Eremo viene aggregato agli eremitani di S. Ambrogio ad Nemus di Milano, entrando nella storia dell’istituzione monastica milanese. Risale al 1620 il picco massimo di espansione del monastero con 14 frati, ma una bolla di Urbano VIII nel 1643 sopprime l’Eremo che successivamente, nel 1648, viene ceduto ai Carmelitani riformati di Mantova. Tuttavia nel 1770 l’Impero Asburgico ordina la chiusura delle case religiose minori, fra cui l’Eremo di S. Caterina, con relativa spartizione dei beni immobili, dando così il via a un lento processo di decadimento e di degrado che continuerà inesorabilmente fino agli anni ’70. Nel 1973 viene dato il via ai lavori di consolidamento e restauro degli edifici. Tuttavia, i lavori vengono sospesi per 6 anni a causa dei cedimenti delle rocce sottostanti il complesso. Bisognerà aspettare il 1979 perché i lavori possano riprendere con interventi paralleli alle rocce e egli edifici. Dopo 7 anni di lavori nel 1986 si arriva alla riapertura dell’Eremo con la consacrazione del nuovo altare per mano del Card. Carlo Maria Martini. In realtà le radici storiche di questo luogo affondano sino in epoca romana e più precisamente nell'esistenza di una fortezza di avvistamento militare; sono stati, infatti, rinvenuti basamenti pre-romanici. Il nucleo originario dell'Eremo coincide con il sacello, risalente al XII secolo, dedicato a S. Caterina d'Alessandria, a cui poi vennero aggiunte una chiesa con torre campanaria (XIII-XVI sec.), un edificio detto "conventino" (XIV-XV sec.) e il convento a due piani, edificato a partire dal XV secolo. La chiesa così come la vediamo oggi è stata realizzata alla fine del XVI secolo. Sul luogo nel corso dei secoli erano sorte diverse chiese che furono così conglobate in un unico edificio. L’edificio, derivato da questa fusione, è costituito da:
Interessante testimonianza del rinascimento locale è una tavola raffigurante la Crocifissione, opera firmata e datata dal pittore bustese Pietro Crispi nel 1510. La scena, sul cui fondo è visibile una veduta ideale di Gerusalemme, si svolge alla presenza della Madonna, di S. Giovanni Evangelista, della Maddalena, di S. Nicola e di un altro Santo vescovo. L’attuale zona dedicata al presbiterio è coperta da una volta affrescata e decorata da stucchi disposti in modo da dare l’idea di una crociera. Gli affreschi del primo Seicento sono tutti opera di Giovanni Battista De Advocatis di Milano. Nel lobo centrale di forma ottagonale vi è una decorazione ad affresco e a stucco del 1610, che rappresenta una visione del paradiso con al centro il Padre Eterno e tutt’intorno uno stuolo di angeli; nei quattro medaglioni laterali alla sommità dei finti costoloni sono rappresentate quattro figure dell’antico testamento, nelle vele sono invece raffigurati i quattro Padri della chiesa latina affianco ai quattro evangelisti; nei tre sottarchi sono dipinti il Re Davide con la cetra e il cartiglio, sul lato a monte, un angelo che sveglia il profeta Elia, sul lato interno, e Melchisedech sul trono, sul lato verso il lago. La pala risale al 1612 ed è anch’essa opera del De Advocatis; rappresenta le nozze mistiche di Santa Caterina alla presenza della Vergine col Bambino, di S. Nicolao e del beato Alberto, unendo insieme tutti i santi venerati nell’Eremo. L’opera porta la firma dell’autore e la data di composizione. 1/2 |
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